attendono, stanno, pensano, guardano diritto, questi adolescenti sospesi. che sembrano distanti, ma sono decisi, la loro tensione è una decisione. una cosa, per certo, non fanno: non riposano. sono ben desti, gli occhi aperti e desti, e non battono ciglio. essere svegli significa essere vivi. frontali. ghiaccio vigile. si oppongono, in virtù di una postura statica. ma non sono fermi. il blocco è deliberato. è attenzione, silenzio, ascolto. non sono in quiete, questi ragazzi. c’è un tremito sepolto in loro, di ribellione, di rifiuto. non una reazione estroversa. piuttosto un’energia reattiva accumulata e concentrata, che promana dagli angoli, tagli, bustinclinati, corpintensione, dalle bocche e dagli occhi-colli-spalle-torsi, di queste creature non assimilate, non integrate, aggressivamente mute, in contrasto. un mondo, rado, popolato da giovani, ben fermi, singoli e separati, che non paiono civili. assumono questa posizione, di blocco, critica, per opporsi a ciò che vedono e respirano e attraversano e li attraversa e definisce. al grigio, all’inerzia e al confinamento contemporaneo, all’impermanenza. sfidano e rifiutano l’inciviltà dell’incivilimento, questi adolescenti scavati fuori da de martin topranin, che sono soldati, anche quando sono angeli. chiusi nelle loro divise quotidiane, che vengono dalla strada. da un mondo edificato sui precetti d’immagine e comunicazione e icona, fuggevoli, volatili. in cui si son persi i riferimenti e i rapporti diretti con l’esterno, e con l’interno, e dove essi, isolati-raggruppati, han trovato rifugio in una nuova, introversa, tribalità urbana. senza sorriso, senza parole, si oppongono, con un gesto (gesto scolpito). ma questo rifiuto, del troppo macinare l’andare e il parlare, si concentra nelle pose plastiche che sono -dolci e dure- di guerra. i ragazzi, desti e muti, non rinunciano ad essere non cristallizzano il loro malessere in una postura definitiva e chiusa. reagiscono. dobbiamo imparare a risvegliarci e a mantenerci desti, non con aiuti meccanici ma con una infinita speranza nell’alba. nuova alba ancora livida, ridisegnano, da sè, vestendo il proprio rifiuto d’ironia, ecco la piega beffarda d’ironia. gli adolescenti di de martin topranin, semplicemente, non vogliono più restare nello spazio in cui si sono trovati ad esistere. lo spazio della loro contemporaneità non è pulito, non è reale. la realtà non è vivida. (più dipinta che scolpita). la cultura in cui giacciono, è intrisa e satura d’artifici, velocità, distanze dal sè, processo di abbandono e allontanamento, prassi d’incoscienza. ecco il perchè di quello sguardo fermo, il blocco vitreo, l’opposizione, il rifiuto, il distacco. la natura -dell’uomo, della terra- è oramai lontana, sembra perduta. la distanza dell’uomo dalla natura, dallo spazio reale, è cresciuta. egli è isolato ormai, in una bolla sospesa, fuoriterra. i ragazzi di de martin topranin hanno deciso di tornare alla terra, al bosco. escono dalla città, che li tra-veste, ne genera l’involucro contemporaneo, ma non ha potuto ancora intaccarne l’identità profonda e lo sguardo. certo: ipod, jeans, spray. ma lo sguardo non è sperso, non vagola, ancora cercano. disorientati, ma non perduti. hanno deciso di rientrare.tornano, lenti, al bosco. back to the forest. ritrovare un alveo primigenio, più pulito, forte, fresco, reale, integrale. il loro abito è quello della città, che esce dalla strada, dai muri, dai comics. street-art e marvel, hanno nutrito questi ragazzi, la loro estetica, il loro costume. ma nutrito quanto? ora essi tornano, a riconquistare lo spazio della terra, del bosco, a cercare la disintossicazione, la riappropriazione, la respirazione. attraverso il silenzio, attraverso il lavoro, il lavoro con l’ascia, semplice lavoro diritto di scure nel bosco e sulla terra. qui c’è il vento tra le fronde, e ci sono gli odori. non ancora gli uccelli, nè i suoni gentili, nessuna agevole gioia silvestre. uno spazio attivo di decontaminazione, prova, ricerca, speranza, combattimento. tornare non è facile, il vuoto va ricolmato, ricominciare ad ascoltare. ancora nella solitudine, ma disposti all’ascolto, alla caccia di sensi, reazioni. gli occhi aperti, il primo segno. il risveglio dei sensi. sentirsi dentro, dentro a qualcosa, che fluisce e muove. non più fuori, isolati. i moti nuovi.
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