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nuova mostra-collettiva presso la galleria civica di Trento

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Legno | Lën | Holz
Un itinerario nella scultura contemporanea
a cura di Gabriele Lorenzoni
Galleria Civica, Trento
2 giugno ― 17 settembre 2017
Anteprima riservata alla stampa mercoledì 31 maggio ore 12
Inaugurazione giovedì 1 giugno ore 18.30

 

Nel cuore delle Dolomiti, in un’area tra tre regioni, un gruppo di artisti contemporanei scolpisce il legno. Particolarmente amati dai critici e dai collezionisti, i maestri ladini invadono la Galleria Civica di Trento. Dal 2 giugno.

 

La Galleria Civica di Trento, da oltre tre anni annessa al Mart di Trento e Rovereto, è il primo museo italiano a dedicare una mostra alla scultura lignea contemporanea.
A cura di Gabriele Lorenzoni, dal 2 giugno al 17 settembre, la mostra Legno | Lën |Holz presenta le opere di quindici artisti, appartenenti a diverse generazioni e tutti viventi, che si sono formati in Val Gardena.
Non segnata da confini amministrativi né cartografici, l’area ladina (Ladinia) ha come uniche frontiere quelle naturali: una regione culturale costituita da valli sudtirolesi, trentine e venete, nelle quali l’uso dell’antica lingua retoromanza diventa veicolo di coesione e trasmissione identitaria.
Sulla base di queste premesse, nel riconoscimento delle peculiarità socioculturali del territorio di riferimento, il progetto espositivo sarà accompagnato dalla prossima pubblicazione di un catalogo trilingue, in italiano, in tedesco e in ladino.
Partner del Mart per la mostra Legno | Lën |Holz sono il Museum Ladin Ćiastel de Tor di San Martino in Badia e la Galleria Doris Ghetta, che ha la sua sede a Ortisei.
La tradizione secolare della scultura lignea, seppur con discontinuità, ha attraversato la storia dell’arte, raggiungendo il suo apice durante il medioevo – si pensi alle celebri madonne lignee romaniche – e il barocco – è il caso dei fastosi altari policromi.
Nelle valli delle Dolomiti, dove abbonda la materia prima e nelle quali l’attaccamento alla storia locale è tenace, questa pratica artistica sopravvive e si rinnova, recuperando specificità culturali ed economiche. Qui, negli ultimi trent’anni, conosce un’inaspettata evoluzione, percorrendo nuove traiettorie di ricerca estetica, tematica e formale. Dopo secoli di storia ininterrotta, accanto all’artigianato artistico, ai presepi, ai manufatti folcloristici, la scultura lignea approda a pieno titolo nell’arte contemporanea, divenendone una voce minoritaria ma autorevole, capace di riscuotere crescente interesse e attenzione da parte della critica, dei musei e del collezionismo, sia pubblico sia privato.
Per qualità e quantità della produzione, oggi la scuola gardenese dell’intaglio ligneo non ha eguali in Europa e occupa una posizione indipendente e originale nel panorama artistico internazionale.

A partire dal 2 giugno 2017, la Galleria Civica di Trento propone una selezione di opere realizzate in anni recenti da alcuni degli artisti più rilevanti attivi in questa geografia culturale: Livio Conta, Giorgio Conta, Fabiano de Martin Topranin, Aron Demetz, Gehard Demetz, Peter Demetz, Arnold Holzknecht, Walter Moroder, Hermann Josef Runggaldier, Andreas Senoner, Peter Senoner, Matthias Sieff, Adolf Vallazza, Willy Verginer e Bruno Walpoth.
Si tratta di un gruppo di maestri della scultura che ha trasformato una tecnica tramandata di generazione in generazione in un medium adatto a confrontarsi con i linguaggi più attuali. Superate le consuete iconografie, questi artisti elaborano cosmogonie autonome e libere.

Legno | Lën |Holz è una mostra totalmente originale che accompagna lo spettatore lungo un percorso non ancora esplorato dai musei di arte contemporanea.
La scelta curatoriale, che parte da una rigorosa selezione basata sull’uso della tecnica manuale dell’intaglio ligneo, si sofferma sulla figurazione del corpo umano in scala reale. Tema della mostra è quindi la ricerca sul corpo, che alla Civica viene indagato attraverso l’esposizione di circa 40 tra sculture e installazioni i cui volumi si prestano a una dimensione museale. Un quarto dei lavori è inedito: diverse sono le opere realizzate espressamente per la mostra o mai esposte prima.

La preferenza data alla produzione figurativa sottolinea la vicinanza a una tradizione dalla quale contestualmente ci si allontana: coesistono da un lato una perizia tecnica sublime, dall’altro una straordinaria adesione ai linguaggi e alle sensibilità contemporanee.
In un percorso che esalta le differenze anziché nasconderle e che accosta maestri affermati a interpreti più giovani, i quindici scultori interpretano in maniera assolutamente personale la tematica proposta. Accomunati da un’incontestabile abilità, alcuni si avventurano in una profonda analisi psicologica dei personaggi raffigurati, altri osano con chiara ironia o surreale divertimento. Tra rappresentazioni drammatiche o spiritose, ritratti realistici, corpi alieni, totem divini, uomini, donne e bambini, le opere in mostra finiscono per presentare una variegata umanità.
I visi e i corpi intagliati nel legno propongono riflessioni sui temi del doppio, dell’alterità e dell’autorappresentazione. Il parallelismo fra i volumi scultorei in scala 1:1 che invadono gli spazi della Galleria e il corpo dello spettatore che si aggirerà fra essi è decisamente suggestivo. L’allestimento minimalista, firmato dallo studio Weber+Winterle di Trento, sottolinea questo dualismo mediante un gioco di superfici riflettenti che moltiplicano i punti di vista.

Prima mostra italiana dedicata alla scultura lignea figurativa nell’arte contemporanea, Legno pone questioni sul genere e sulla pratiche stesse della figurazione; esplora tanto il carattere antico, tradizionale dell’identità nella storia dell’arte occidentale, tanto le questioni relative al divenire, alle trasformazioni, all’oggi.
Come tutto ciò che in qualche modo richiama il processo di mimesis, contiene e propone, quale elemento imprescindibile di indagine, la questione dello sguardo dello spettatore nella sua accezione relazionale, autocatartica e mitopoietica.

 

 

Galleria CIVICA Trento e ADAC
Via Belenzani 44
38122 Trento
T+39 0461 985511
+ 39 800 397760
F +39 0461 277033
civica@mart.tn.it
www.mart.trento.it

Orari
Mar / Dom 10-13 / 14-18
Lunedì chiuso

Tariffe
Intero: 2 €
Gratuito: Mart Membership, bambini fino a 14 anni
Ingresso gratuito ogni prima domenica del mese

Ufficio comunicazione Mart
Susanna Sara Mandice
press@mart.trento.it
T +39 0464 454124
T +39 334 6333148

Il Mart ringrazia
Provincia autonoma di Trento
Comune di Trento
Comune di Rovereto

In collaborazione con
Trentino Marketing

SMACH 2017.space days coming soon

 

 

 

SMACH, San Martin Art Culture and History, quest’anno è alla sua terza edizione. È una mostra a cielo aperto nelle Dolomiti che va dal 1/07 al 09/09/2017. Si tratta di un concorso d’arte internazionale. Gli artisti selezionati realizzeranno le loro installazioni in dieci località d’interesse storico-culturale del comune di San Martino in Badia e Marebbe.

La tematica di questa edizione è “CONTRASTO”. L’etimologia della parolacontrasto è legata al verbo contrastare e ha svariate possibilità d’interpretazione. Nella sua accezione più negativa la parola si riferisce al disaccordo, alla lite, all’ inconciliabilità e alla disputa. Nel senso figurato può alludere a una contrapposizione o a uno stacco di colori, di suoni o ancora a un conflitto fra passioni, fra ragione e sentimento o fra sogno e realtà. Troviamo il contrasto anche in letteratura, in medicina, nello sport e  infine come definizione strettamente tecnica.

SMACH si avvale del binomio “arte e natura”, dove quest’ultima funge da luogo per le azioni artistiche, progettate e ideate specificamente per i vari siti; nonostante nasca un intreccio, un’integrazione dell’opera d’arte in natura, si crea comunque sempre un contrasto tra l’intervento umano e l’evoluzione naturale insita nell’ambiente.

“SE NON CAPISCI UNA COSA CERCALA SU YOUTUBE”
Collettivo artistico Luca Rossi, Imola, ITA
1. Location Strada de La Vena

“THE PALE EXCHANGE”
Adam James, Margate, UK
2. Location Ciastel de Tor

“PESCE FUOR D’ACQUA…”
Luca Roncoroni, Droebak, NO
3. Location Les Viles

“OSSERVATORIO DEL SOTTOBOSCO”
David Duzzi, Bolzano, ITA
4. Location Pares

“DER HAPS”
Irene Hopfgartner, Amin Hak-Hagir, Wien, AUT
5. Location Munt d’Adagn

“STITCHED EARTH”
Ilyn Wong, Berlin, D
6. Location Pra de Pütia

“THAT’S WHAT FRIENDS ARE FOR”
Luca Chiesura, Belluno, ITA
7. Location Chi Jus

“FORESTA NERA”
Gaia Lionello, Mestre, ITA
8. Location Plan de Corones

“LOW RESOLUTION”
& Studio, Milano, ITA
9. Location Senes

“SPACE DAYS”
Fabiano De Martin Topranin, Bolzano, ITA
10. Location Fanessmach_def_41

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il cantiere è aperto da sabato.il  nostro nuovo spazio RU.17 si trasforma in una Cape Canaveral versione via Piani di Bolzano.

grazie Michele Melani per la foto simulata.

ci vediamo a luglio tra le crode.

ciao

Fabiano

Gianluca D’Incà Levis,Borca di Cadore,2016

fabiano de martin topranin

i custodi dello spazio

 

solo non è sperso: è in centro a sé.
stante non è fermo.
idea che s’infonde.

cosa fa, quest’idea difficile, mentre si scioglie e poi s’informa, i piccoli rivi argentei, liquido rapprende che si fa plastica, stampo d’idea?
sveliamolo all’inizio: non ruggisce -come sembra- e sorride, sospesa (l’amor pudico).

ragazzi rimangono, soli?
pieni di forze in conflitto trattenuto, che sono: ansie, tremori, stupori, rabbie, dolcezze. esplorano lo spazio, gli spazi, dei boschi, nel cosmo, tra i soli, le eclissi.
non cessano, di stare, guardare, portare.
non sono muti.
Vedette: portano un messaggio. lo spazio che occupano, non l’occupa il caso.
non scherzano, pesano.
non sfogano: pensano.
pensano d’essere.

non sono tristi, i ragazzi di fabiano de martin topranin.
guardali a fondo, come loro fanno con noi.
e come, attraverso di loro, l’autore stesso fa.
(ed è più facile per noi scavar loro che per loro dirsi a sé stessi, al mondo.
a vedere ci aiuta la loro chiara linfa, secreto d’idea concentrata, potente: più semplice l’analisi, d’autoanalisi. più semplice avvertire, che sgorgare l’idea nella forma).
ma poi, eccoci insieme davanti alla manifestazione, nei legni. le sentinelle, guide, messaggeri).
dove ci conducono?
nel luogo in cui l’idea prende corpo nella forma viva, senza sperperare la sensazione, il sentimento: catturando le linfe.

e dunque, si diceva: come l’autore stesso fa.
portando il suo sguardo a livello del mondo, sui mondi, orizzonte.
e ci son mondi nei mondi.
mondi scomposti, sciolti, percolanti, ma duri: dentro a bolle e pellicole sottili.
mondi infetti, popolati dall’uomo.
al centro dei quali siede, mangia (li mangia), l’uomo disgustoso, il peggiore tra i vivi creati, peggiore d’ogni altro.
e mondi elastici e chiari, più radi: la polpa verde celata dentro ai gusci grigi.
popolati dall’uomo: uno degli animali di cui si fa ricco il cosmo: capace di muovere, sapere, volere: del riso, del pianto.
(l’uomo è i due uomini, e tutte le cose).

e c’è una strada. un’unica strada, un’unica salvezza, in questa giungla contorta e sconnessa, in questo mondo nostro dal cielo basso, cielo rovesciato, strabuzzato, reinchiodato in fragore al suo vuoto ottuso, da sotto. cielo precipitato: sovente a noi solo si mostra nel riverbero di una pozza fetida e scura là in terra.

la strada è questa: guardare più a fondo possibile, e diritto, senza moto di palpebra.
per poi lavorar bene, senza covare il rancore – e qui ci vuol forza, matura: a controllare lo slancio (lo slancio, nel lavoro buono, sempre coincide con un istinto di ribellione morale: come tale, esso è in sé un vendicatore implacabile, mica una tecnica d’arte: va controllato, imbrigliato. in tal modo, non diventa distruttivo, ed apre).

senza covare il rancore dunque.
rancore che è molto -quel primo uomo, folle, scempiatore- ma che non basta a sé, per esacerbare del tutto, consumar del tutto, lo sguardo meravigliato di chi si ostina a cercare il cielo in alto: è questo sguardo ad essere forte davvero, nell’uomo, in alcuni uomini: è questo sguardo.
la strada è quella: credere e fare.
nonostante la morte, nonostante il belare.

in realtà, si tratta dell’unica strada che l’uomo abbia conosciuto mai, per essere a fondo, per pensare e poi fare.
il lavoro, unica grande via, unica speranza di redenzione.

come vivono, quale spazio abitano, per quale motivo paion sospese, queste creature vestite del loro moto interiore, solidi fantasmi, scolpite idee dei moti trapelanti, filtrazioni cristallizzate, di pugno e carezza.

quale corda sostengono, cosa ascoltono.
cosa incutono, paventano, suggeriscono, superano, nell’osar d’essere, nel pretenderlo, nel nasconderlo, nel celarlo: pudicizia, e furore.
e mai un grano di rassegnazione.
quali impressioni: di suono, di sogno, natura, di pece, germoglio, reazione, nei magmi, sversati: a creare, nell’azione furente, un altro uomo, guerriero, bambino, sfrontato, d’amore.
calibrando il dolore, perchè non prevalga.
sono nascite queste, di forze, reattive.

pesa, cupo, quel drappo di cielo, da sopra, alle teste.
ma il nero non mangia ogni cosa.
quella luce, ferma, silente, intensa, laggiù.
sottilissima e densa, una linea bianca che sale dall’orizzonte -mentre s’avverte, e cresce, e viene, un suono sordo, potente vibrato e sordo.
ecco il segreto: è lei, accesa, a poter divorare il nero.

quante esplosioni, possiamo immaginare, celate dentro a queste creature, di pietra e di seta, che dan battaglia all’assenza.
mentre fuori, sull’epidermide dei legni, le tensioni, ben stanti, mai ferme, torrenti, rii cunicolari, nutrono dall’interno, senza smangiare.

queste creature giovani, in apparenza, e vecchie, se ne ascultiamo il silenzio (tace chi ha visto: a monito), non sono in realtà, giovani né vecchie.
sono gli abitatori coscienti dello spazio.
dove lo spazio è il cielo, la foresta, il cosmo, le stelle, il seme, lo spirito.
sono le guardie, i custodi, dello spazio, nel tempo, reale, sospeso.
sono i guerrieri del senso, che rifiutano il belato.

gianluca d’incà levis, borca di cadore, ottobre 2016

nuovo laboratorio

Domani ,29 ottobre 2016,inauguriamo il nuovo laboratorio co-working.
molte cosesono cambiate,molto lavoro è stato fatto e molto lavoro ci aspetta.

mi trovate qua.

Via Piani di Bolzano 17

Bolzano

ciao
fabiano

Unisci amanti del legno e amanti degli alberi e nasce una collaborazione.

Unisci amanti del legno e amanti degli alberi e nasce una collaborazione.

Ho avuto la fortuna di conoscere la ditta Arboteam di Bolzano,un’attività che opera nel campo dell’arboricoltura ornamentale con grande professionalità e passione.
Il tutto è nato cercando il tronco di cedro per no direction home .Una ricerca che mi ha portato a un incontro inaspettatamente emozionante.
Con Arboteam è nata una collaborazione per l’utilizzo degli alberi da loro abbattuti in centri urbani,donandogli una seconda vita e alimentando la mia continua ricerca artistica.

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grazie Arboteam

www.arboteam.it
https://www.facebook.com/Arboteam/
Via Giotto, 19, 39100 Bolzano

Bolzano   luglio      2016

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Domenica 24 aprile – Open studio (sincrotrone) e performance

Domenica 24 aprile 2016
ore 14.30
Colonia, ex Villaggio Eni Corte di Cadore

Progettoborca organizza un nuovo Open-studio, domenica 24 aprile 2016.
In quest’occasione, la Colonia dell’ex Villaggio Eni Corte di Cadore sarà aperta al pubblico.
Dalle ore 14.30, sarà possibile esplorare le architetture di Edoardo Gellner inserite nel contesto ambientale delle Dolomiti cadorine, e addentrarsi nel cantiere culturale ed artistico attivato qui da Dolomiti Contemporanee con Minoter nel 2014.
L’Open-studio consentirà di interagire con le opere realizzate dagli artisti ospiti nella Residenza di Progettoborca, scoprendo i laboratori attivi nel complesso.
Sarà possibile incontrare diversi artisti all’opera: alcuni di loro, tra i quali diversi giovani provenienti dall’Accademia di Belle Arti di Venezia, racconteranno la propria ricerca in atto.

E in realtà quest’Open-studio sarà un poco come un acceleratore, sincrotrone cerebrale. E ci sarà anche cose cosmiche, che prepara un evento estivo in progettoborca.
Qui di seguito un primo testo-spunto sull’onda, in espansione, di cose cosmiche:

“Conferenza Passeggiando – progettoborca” (estate 2016)
La linea è il riferimento che si sposta
Vincenzo Agnetti
“Conferenza Passeggiando è un progetto che si propone di disegnare un percorso-conferenza invitando ricercatori di vari ambiti a parlare (esporsi) camminando.
Nell’ambito di Progetto Borca, i ricercatori percorreranno e sperimenteranno, insieme al pubblico, l’area della colonia dell’ex villaggio Eni con quest’attitudine dinamica, dispersiva e immersiva.
Una passeggiata collettiva guidata da riflessioni, letture e azioni e insospettate associazioni mentali.” / Cose Cosmiche è una piattaforma di ricerca, produzione e collisione di idee.Un catalizzatore di artisti, scienziati e ricercatori provenienti da varie discipline chiamati a presentare le loro ricerche più recenti e riflessioni su spazio, tempo, vuoto, energia e materia.
www.cosecosmiche.org

L’Open-studio avrà luogo dalle ore 14.30 alle ore 16.30.

Sarà in seguito possibile raggiungere la Chiesa di Nostra Signora del Cadore (Edoardo Gellner/Carlo Scarpa).

Alle ore 16.30, nel bosco della Colonia, si svolgerà la live performance 2fdmt, protagonisti l’artista Fabiano De Martin Topranin e il musicista Federico De Martin Topranin: The Fabulous Double Machinary Therapy.
www.fabianodemartin.com/portfolio
www.rockit.it/ilpesce
Performance & sound tools: Chainsaw, Wood, Fender Stratocaster, Amplifiers.
E siano i frastuoni.
L’ingresso è gratuito.

www.progettoborca.netopen-e-performance

new work

vas, 23 ottobre: presentazione di “a little song”, nuova opera di fabiano de martin topranin

presentazione opera a little song di fabiano de martin topranin
venerdì 23 ottobre 2015, ore 11.00
ex cartiera di vas (comune di quero vas, bl)
via case sparse, località vas

continua il lavoro di dolomiti contemporanee all’interno del progetto radici future, realizzato dall’unione dei comuni del basso feltrino sette ville – alano di piave e quero vas e finanziato dalla regione del veneto (l.r. 11/2014, art.9, “celebrazioni peri il centenario della grande guerra”). 
il progetto mira alla valorizzazione dei luoghi della grande guerra, come motori di memoria e conoscenza, ma anche quali possibili scenari futuri, oltrechè alla riqualificare e valorizzare di alcuni punti e siti strategici lungo la piave, come appunto l’ex cartiera di vas.

e così, dopo la mostra collettiva paper weight, inaugurata lo scorso 11 settembre negli ambienti straordinari dell’ex cartiera, venerdì 23 ottobre, alle ore 11.00, sarà la volta di fabiano de martin topranin. l’artista, scultore ligneo originario di padola di comelico, si è distinto negli ultimi anni come uno dei migliori interpreti della scultura lignea contemporanea in italia, sapendo unire in una misura originale la capacità tecnica, la forza del dinamismo plastico, la poetica immaginativa intima e sottile. la presentazione dell’opera avverrà presso la sede dell’associazione lacharta all’ex cartiera di vas, e sarà aperta al pubblico.

l’opera, realizzata dall’artista all’interno delle attività di dolomiti contemporanee di radici future, viene acquisita in modo permanente dal comune di quero vas, che, nei prossimi mesi, la valorizzerà presentandola in diverse location legate ai percorsi della grande guerra, come i musei dedicati a tale tema presenti nell’unione dei comuni del basso feltrino sette ville.

il lavoro:
a little song è un lavoro che apre e suggerisce una serie complessa di temi legati alla guerra, ed in particolare alla figura del bambino di fronte ad essa, ed ai meccanismi di vario tipo che essa instaura ed impone.
il bambino, ogni bambino, gioca alla guerra, ed in ciò si manifesta già una parte di un istinto proprio dell’uomo, l’istinto alla predazione, l’istinto, in parte innato, di difesa/attacco, l’istinto alla caccia e all’aggressione. eppure, contemporaneamente, il gioco della guerra pare nient’altro che gioco, e il bimbo è innocente e puro nel muovere attraverso i processi psicologici e cognitivi automatici che il regime politico della morte, strumentale agli interessi delle fazioni, gli impone, trasformandolo in una convinta (fino a qual fondo?) ed efficace macchina antagonista. vi è, in questo sviluppo coattivo, “un’inconsapevole predisposizione all’atrocità”, che colpisce, nel corpo e nella mente vergini d’esperienze guerresche del pallido bimbo. e vi sono molte altre cose, in quest’opera, le tracce di gravi moti a venire, come ad esempio la “potenza di fuoco quale anticipazione dell’imminente esplosione ormonale”, rappresentata dal palco d’armi su cui il bimbo stesso si erge. il gesto simbolico che egli compie, il canto dell’inno, è direttamente legato alla manifestazione dello spirito patriottico, che mette in gioco e legittima la catena delle reazioni pugnaci all’interno del contesto della guerra. così, mentre il bimbo canta la sua little song for my little country, egli sta giocando, e contemporaneamente sta dichiarandosi parte inconsapevole del meccanismo distruttivo che lo incapsula, trasformando la sua inerme naturalità in un’arma offensiva nutrita dalle ombre interiori che si annidano nel cuore d’ogni uomo, da sempre. lo spirito patriottico, dunque, sorto dall’indistinto primordiale del ventre e della paura inflitta all’uomo dagli eterni strateghi della politica del conflitto, e mai nato da una decisione razionale, o da una libera scelta morale. “tutti con le pistole dei generali puntate alla schiena”. e cosa canta il giovanetto, a cosa inneggia, convinto, in postura di piccolo guerriero, i pugni chiusi, la testa alta? canta le gesta eroiche che ha imparato dai testi della propaganda, quei testi con i quali si è voluto insegnare al suo giovane cuore potente come sia giusto perire, nel fuoco nemico o amico che sia. concuncarglielo, nella testa fertile, sfruttando il sedime della sua infantile plasticità mentale, per impressionarla con tecniche stumentali al predominio di uomini su altri uomini, attraverso la morte portata, questo si è voluto fare.
“nel fumo dello spazio un bambino gioca. e canta una piccola canzone”. e la tensione dei suoi muscoli e fibre pare quasi una possessione. e il suo corpo esce da sé, per varcare le porte del macello, ed egli non è più in sé, ma in loro, e forse non saprà più rientrare. a breve le foto

progetto Borca nuovi lavori nella colonia

Il nuovo cantiere di Dolomiti Contemporanee si trova a Borca di Cadore BL, più specificatamente presso corte delle Dolomiti , più che un villaggio un labirinto di pini,case,strade,ispirazioni,distrazioni,reperti,storia,eleganza,calcinacci,vita,buio,profumi,stanze vuote,corridoi senza fine,infiltrazioni ed arte.
venerdì 7 novembre ore 18.00 escursione al buio nell’immensa colonia.
sabato 8 novembre ore 8.00 escursione della colonia carichi e alla ricerca anche  con il mio grosso amico immaginario (di pioppo).e il suo fungo(vero-spontaneo)

ecco alcune foto di Giacomo De Donà

Fabiano

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scolpire tra le mura di Riva 1920

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ciao.
Ho concluso il busto in cedro.
Un’esperienza notevolmente bella e stimolante,posti nuovi, gente nuova e nuove luci mattutine.
Alle volte ci vuole una ricaricata alle pile e grazie ad avventure del genere che può succedere.
Avere persone vere che esprimono naturalezza e spontaneità e colme di passione vicino a se, lo ritengo molto importante…..quasi indispensabile.
La possibilità di essere all’interno delle mura di un’azienda cosi creativa è stato molto stimolante e profumata…. di cedro.
Il busto si trova a metà tra il mio BACK TO THE FOREST e una nuova serie in fase di ricerca ed esplorazione.

….grazie ad Aldo Fumagalli per le foto

a presto

i’m just a dreamer please don’t wake me up

Fabiano

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primo dei due week-end presso Riva 1920

ciao!
fatto e finito.il primo dei due w-end di scultura presso l’azienda Riva 1920,situata a Cantù,è terminato.devo ringraziare tutto lo staff per la disponibilità e la gentilezza.sabato mattina abbiamo installato su idea di Maurizio Riva il mio LIKE A RIVER STONE sul cornicione della terrazza, sopra lo show-room e il museo del legno.a me personalmente divertono molto queste azioni installative spontanee e improvvisate-ragionate.per questi primi due giorni di work-shop,ho iniziato e sbozzato un busto che ormai fa da ponte tra BACK e la nuova serie che mi gironzola in testa da un pò.il busto ha a che fare con il sognare,la finzione( nel senso del gioco) e il potere dell’immaginazione,che il ragazzo dimostra indossando un maglione da montagna troppo grande.immagina di essere nelle foresta,il freddo,i profumi,i rumori. forse una volta riaperti gli occhi tutto sparirà.

…………..i’m just a dreamer please don’t wake me up .

fabiano

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ciao.tempo fà con  piacere , entusiasmo e curiosità, che ho accettato di partecipare
per due fine settimana, esattamente il 20/21 settembre e il 04/05 ottobre , a un workshop presso la sede produttiva di Cantù dell’azienda Riva 1920.
porterò con me alcuni lavori di Back to the forest che verranno esposti sempre nella sede produttiva e lavorerò
sul posto un tronco di cedro.
ne sono onorato poichè stimo molto i loro prodotti e la loro filosofia creativa e collaborativa.

www.riva1920.com

…….altri progetti (installativi) sono in cantiere per il prossimo anno.

intanto che “BACK” matura e cresce tra impressioni,idee,bozzetti,chiacchierate,sguardi……una nuova serie prende forma e sostanza…. cantiere aperto ed attivo.
ricerca.lavoro.impegno.

fabiano

artribune di qualche tempo fà ….. http://www.artribune.com/2013/06/a-tu-per-tu-con-i-baustelle-e-la-band-piu-artistica-ditalia/

A tu per tu con i Baustelle. È la band più artistica d’Italia?
Raggiunto poco dopo l’ultimo concerto del tour Fantasma nel magnifico Teatro Regio di Parma, abbiamo parlato con Francesco Bianconi, leader e penna della band toscana Baustelle. Per intenderci, quelli di Charlie fa surf, brano celeberrimo ispirato a un’opera di Cattelan. O quelli che di Manzoni preferiscono “quello vero, Piero”.

Scritto da Alessandra Marzuoli | mercoledì, 19 giugno 2013 · 6

Baustelle – Un Romantico a Milano

Baustelle – Un Romantico a Milano

Con l’ultimo lavoro – una sorta di concept album sull’esistenza, sulla morte, sulla vita, ma soprattutto sullo scorrere del tempo – si sta facendo conoscere al grande pubblico come l’anima di uno fra i gruppi migliori della musica cantautorale italiana. Parliamo di Francesco Bianconi (1973) e dei Baustelle.
Fantasma, uscito a gennaio, ha incantato pubblico e critica con una tematica non facile da sostenere, il cui filo conduttore è il tempo, ma anche la vita con tutte le sue fragilità: la malattia, la morte, la fine che viene vista come l’inizio di qualcos’altro e l’amore che annulla la sofferenza e ne migliora l’esistenza.
In questo ultimo lavoro non mancano omaggi più o meno velati alla filosofia platonica che vede nell’amore tutto quello a cui l’uomo aspira, ma c’è di più. Stavolta Bianconi e compagni hanno voluto omaggiare il giovane poeta italiano Antonio Riccardi nella canzone Diorama e il cinema horror Anni Settanta-Ottanta, quello di Lamberto Bava e Dario Argento. Cinema che ha caratterizzato fortemente la grafica dell’album: la copertina con il ritratto della bimba dai capelli rossi circondata da piume d’uccello nere è, infatti, un chiaro richiamo all’attrice Nicoletta Elmi, tra le migliori interpreti della filmografia noir all’italiana. Dello stesso stampo il video di Nessuno, realizzato da Gianluca Moro e Daniele Natali, presentato pochi giorni fa.
Citazioni colte, dunque, che caratterizzano da sempre tutto il percorso artistico dei Baustelle, rendendo questa band un unicum nel panorama musicale italiano. Francesco Bianconi lo si può definire anima e voce del gruppo: compositore, musicista, paroliere, ma anche scrittore, dato che per Mondadori ha dato alle stampe il suo primo romanzo, Il Regno Animale.

Il vostro mondo musicale ha percorso, fin dagli esordi, strade ardue legate concettualmente al misticismo occidentale ispirato dal filosofo vissuto a Montepulciano, Elémire Zolla. Ed è legato alla filosofia epicurea e platonica, che caratterizza il nuovo album Fantasma. Difficile pensare che siano brani scritti per un pubblico vasto. Esiste un confine tra il momento in cui scrivi solo per te stesso e per il pubblico?
Non scrivo mai solo per me stesso. Presuppongo sempre un ascoltatore, un destinatario. Altrimenti è solo masturbazione. È un tema che mi sta molto a cuore: nella musica popolare vedo sempre più l’atteggiamento, da parte degli artisti, del cercare di immaginare quale possa essere il pubblico a cui indirizzarsi. Con tutte le degenerazioni che ne conseguono. C’è chi il pubblico lo cancella (“Scrivo per me, solo io mi posso capire“), chi lo segmenta (“Scrivo solo per chi mi può capire“).
Io credo che il pubblico esista, si chiami mondo, e sia molto più intelligente di quanto si creda. Il mondo ha mandato in classifica Bob Dylan e Jacques Brel. Eppure, quando pensiamo alle loro canzoni, non le pensiamo come “facili” o “leggere”. Quindi perché, come artista inserito in un sistema di comunicazione di massa, dovrei autocensurarmi in partenza? Perché dovrei costruirmi un modello di ascoltatore stereotipato, se non addirittura menomato? Un giornalista musicale che mi ha intervistato all’uscita di Fantasma mi ha detto: “Ma non pensate di aver fatto un disco stancante? Non pensate che possa risultare pesante per il pubblico?“. Ecco, ci manca solo che la stampa si preoccupi per me e mi suggerisca quanto pesanti debbano essere i miei dischi. Il marketing può far male, o perlomeno, nelle faccende che hanno a che vedere coi processi creativi, non sempre funziona.

Molti testi delle tue canzoni trattano di personalità del mondo della cultura contemporanea ai margini dell’ufficialità: Baudelaire, Bianciardi, Edgar Allan Poe (citato anche nel nuovo album), Piero Manzoni. In che modo ti hanno influenzato?
Molto banalmente, nella formazione di una mia poetica, di una mia identità culturale. Quelli che hai citato mi hanno influenzato molto. Ma non solo loro.

Ti consideri più scrittore o musicista?
Non saprei. Posso migliorare in entrambi i campi. E in altri campi pure. Quelli non ancora esplorati, intendo.
Baustelle – Fantasma

Baustelle – Fantasma

La ricercatezza che vedo nei testi la ritrovo nei video. Ci parli del videoclip di Nessuno, l’ultimo uscito?
Con Gianluca Moro e Daniele Natali, i registi, avevamo già lavorato alla produzione di quattro piccoli filmati promozionali per il lancio di Fantasma. L’idea, allora, era stata di immaginare il disco come una sorta di film misterioso, uno psycho-thriller magico. Gianluca e Daniele avevano quindi realizzato piccoli trailer in cui la protagonista – la bambina coi capelli rossi ritratta sulla copertina del disco – si aggirava in contesti da favola nera minacciata da oscure presenze. Il lavoro su questi minifilm era stato particolarmente stimolante, quindi, quando si è trattato di pensare a quali potessero essere le immagini migliori per accompagnare la canzone Nessuno, ci è venuto in mente di tornare a rivolgerci a loro.
Insieme a Gianluca e a Daniele abbiamo pensato che il clip dovesse rappresentare una sorta di forma espansa dei trailer: “Abbiamo servito gli assaggi, adesso ci vuole la portata principale”, ci siamo detti. La canzone, che ridotta ai minimi termini tratta di ricerca di assoluto e d’innocenza in tempi deteriorati e colpevoli, in fin dei conti si sposava bene con la rappresentazione di un funerale. Un funerale magico, con una bambina che non è più una bambina, nel suo mondo di soldatini di plastica, marionette e processioni nel bosco. Un funerale alla giovinezza. Che, diceva bene Sandro Penna, è forse “soltanto questo perenne amare i sensi e non pentirsi“; ma che, a volte, il buio dell’anima e della storia tende a mortificare. Gli interni sono stati girati in uno studio a Roma, gli esterni nelle campagne circostanti.

Hai studiato a Siena con Omar Calabrese. Cosa ti rimane di quel percorso di studi e quanta influenza ha in quello che scrivi?
Povero Omar Calabrese, mi è dispiaciuto tanto… Ho dei bellissimi ricordi delle sue lezioni all’università. La semiotica serve. Aiuta ad analizzare il mondo senza pericolo di derive soggettivistiche e romanticismi.

Nei testi e nei video spesso ci sono omaggi e citazioni all’arte contemporanea, da Cattelan a Manzoni, fino a Bruno Munari. Quanto segui quel mondo?
Mi interessa molto l’arte contemporanea, anche se confesso di seguirla, ultimamente, in maniera un po’ distratta. Mi capita di andare alle mostre, ma sempre più raramente mi capita di innamorarmi di qualcosa. Ovviamente ci sono artisti che mi piacciono, e anche molto: ho già dichiarato esplicitamente (dopo aver scritto Charlie fa surf) di amare l’opera di Maurizio Cattelan. Mi piacciono anche Luigi Presicce, Francesco De Grandi, Laboratorio Saccardi, Paolo Guido. Dopo un concerto a Montecatini si è avvicinato timidamente un ragazzo che mi ha lasciato un libretto. L’ho sfogliato poco dopo in hotel: conteneva foto di sculture in legno. L’autore si chiama Fabiano De Martin Topranin, e lo contatterò perché voglio fargli i complimenti, mi ha davvero colpito.

In Un romantico a Milano canti: “Tra i Manzoni, preferisco quello vero: Piero”.
Amo sia Piero che Alessandro. Non ce l’ho affatto con I Promessi Sposi, che è un capolavoro della letteratura italiana e in quanto tale è giusto che si continui a studiare nelle scuole. Quelle parole vogliono dire soltanto: “Attento, ragazzo, c’è tanto da scoprire, oltre quello che passa il convento”.

Nella stessa canzone dici: “Quando la Madonnina muore, nasce un fiore”. Cosa vedi nella Milano di oggi e che cosa la accomuna alla Milano del dopoguerra vissuta da Luciano Bianciardi?
Sono due Milano completamente diverse. Quella di Bianciardi era una Milano del boom economico (e culturale, anche). Quella di adesso è un guscio rinsecchito. Un contenitore senza quasi più contenuto. Mi duole ammetterlo, ma è quello che penso. Bisogna lottare affinché Milano torni a essere bella. In molte canzoni dei Baustelle viene denunciato questo decadimento di Milano, questo suo degrado. La grandezza di Bianciardi è stata di capacità divinatoria: ha saputo vedere, anche in condizioni di vento favorevole, che la barca aveva delle falle e che sarebbe presto affondata.

Nei vostri video privilegiate location consunte, paesaggi decadenti, zone isolate, come in attesa, sospesi nel tempo. Sembrano ispirate stilisticamente alla cultura mitteleuropea dei primi del Novecento, fino ad arrivare, con l’ultimo album, a un omaggio al cinema horror di Dario Argento e Lamberto Bava, che si nutriva della stessa cultura. Perché questa scelta?
Il cinema horror e thriller italiano, soprattutto quello di Argento, è una mia passione-ossessione, è risaputo. E in generale il cosiddetto “cinema di genere”, di ogni tempo, italiano e non. Ma bisogna dare a Cesare quello che è di Cesare: i videoclip non sono sempre farina del nostro sacco. Diciamo che gran parte del merito va ai registi. Evidentemente nella musica dei Baustelle ci sono da sempre le componenti di cui parli, più o meno nascoste, e spesso chi deve tradurre in immagini le nostre canzoni è bravo a farle venire a galla più nitidamente.

Alessandra Marzuoli

www.baustelle.it

back to the forest – il progetto continua

attendono, stanno, pensano, guardano diritto, questi adolescenti sospesi. che sembrano distanti, ma sono decisi, la loro tensione è una decisione. una cosa, per certo, non fanno: non riposano. sono ben desti, gli occhi aperti e desti, e non battono ciglio. essere svegli significa essere vivi. frontali. ghiaccio vigile. si oppongono, in virtù di una postura statica. ma non sono fermi. il blocco è deliberato. è attenzione, silenzio, ascolto. non sono in quiete, questi ragazzi. c’è un tremito sepolto in loro, di ribellione, di rifiuto. non una reazione estroversa. piuttosto un’energia reattiva accumulata e concentrata, che promana dagli angoli, tagli, bustinclinati, corpintensione, dalle bocche e dagli occhi-colli-spalle-torsi, di queste creature non assimilate, non integrate, aggressivamente mute, in contrasto. un mondo, rado, popolato da giovani, ben fermi, singoli e separati, che non paiono civili. assumono questa posizione, di blocco, critica, per opporsi a ciò che vedono e respirano e attraversano e li attraversa e definisce. al grigio, all’inerzia e al confinamento contemporaneo, all’impermanenza. sfidano e rifiutano l’inciviltà dell’incivilimento, questi adolescenti scavati fuori da de martin topranin, che sono soldati, anche quando sono angeli. chiusi nelle loro divise quotidiane, che vengono dalla strada. da un mondo edificato sui precetti d’immagine e comunicazione e icona, fuggevoli, volatili. in cui si son persi i riferimenti e i rapporti diretti con l’esterno, e con l’interno, e dove essi, isolati-raggruppati, han trovato rifugio in una nuova, introversa, tribalità urbana. senza sorriso, senza parole, si oppongono, con un gesto (gesto scolpito). ma questo rifiuto, del troppo macinare l’andare e il parlare, si concentra nelle pose plastiche che sono -dolci e dure- di guerra. i ragazzi, desti e muti, non rinunciano ad essere non cristallizzano il loro malessere in una postura definitiva e chiusa. reagiscono. dobbiamo imparare a risvegliarci e a mantenerci desti, non con aiuti meccanici ma con una infinita speranza nell’alba. nuova alba ancora livida, ridisegnano, da sè, vestendo il proprio rifiuto d’ironia, ecco la piega beffarda d’ironia. gli adolescenti di de martin topranin, semplicemente, non vogliono più restare nello spazio in cui si sono trovati ad esistere. lo spazio della loro contemporaneità non è pulito, non è reale. la realtà non è vivida. (più dipinta che scolpita). la cultura in cui giacciono, è intrisa e satura d’artifici, velocità, distanze dal sè, processo di abbandono e allontanamento, prassi d’incoscienza. ecco il perchè di quello sguardo fermo, il blocco vitreo, l’opposizione, il rifiuto, il distacco. la natura -dell’uomo, della terra- è oramai lontana, sembra perduta. la distanza dell’uomo dalla natura, dallo spazio reale, è cresciuta. egli è isolato ormai, in una bolla sospesa, fuoriterra. i ragazzi di de martin topranin hanno deciso di tornare alla terra, al bosco. escono dalla città, che li tra-veste, ne genera l’involucro contemporaneo, ma non ha potuto ancora intaccarne l’identità profonda e lo sguardo. certo: ipod, jeans, spray. ma lo sguardo non è sperso, non vagola, ancora cercano. disorientati, ma non perduti. hanno deciso di rientrare.tornano, lenti, al bosco. back to the forest. ritrovare un alveo primigenio, più pulito, forte, fresco, reale, integrale. il loro abito è quello della città, che esce dalla strada, dai muri, dai comics. street-art e marvel, hanno nutrito questi ragazzi, la loro estetica, il loro costume. ma nutrito quanto? ora essi tornano, a riconquistare lo spazio della terra, del bosco, a cercare la disintossicazione, la riappropriazione, la respirazione. attraverso il silenzio, attraverso il lavoro, il lavoro con l’ascia, semplice lavoro diritto di scure nel bosco e sulla terra. qui c’è il vento tra le fronde, e ci sono gli odori. non ancora gli uccelli, nè i suoni gentili, nessuna agevole gioia silvestre. uno spazio attivo di decontaminazione, prova, ricerca, speranza, combattimento. tornare non è facile, il vuoto va ricolmato, ricominciare ad ascoltare. ancora nella solitudine, ma disposti all’ascolto, alla caccia di sensi, reazioni. gli occhi aperti, il primo segno. il risveglio dei sensi. sentirsi dentro, dentro a qualcosa, che fluisce e muove. non più fuori, isolati. i moti nuovi.

ET UN’OSELIERA ET NON VI E’

Con fabiano de martin topranin
a cura di gianluca d’incà levis
castello di andraz
livinallongo del col di lana (bl)
10 agosto – 8 settembre

il castello di andraz/schloss buchenstein è una pietra nella foresta, masso erratico, spinto e lasciato dov’è, tra boschi e rivi e cime, da una lingua di ghiaccio che venne; sopra al trovante, roccioso, gli uomini hanno elevato ancora, per traguardare l’orizzonte; ora, dalla rocca cava, si traguarda il cielo; un rudere areonautico, che si apre, dopo un restuaro durato 27 anni; i sassi legati alla pietra; lacerti di solai; la sezione cava, proiezione verticale dello spazio, invaso dalla luce che cade; la trasparenza della copertura in vetro e ferro, l’aria che scorre veloce e fredda da fuori a dentro le mura e quest’inserzione d’artifizio, che è la cosa più interessante, l’uomo incarnito nel sasso, non la rovina disabitata, la rovina saldata al cielo dalla membrana tecnologica, l’oggi dentro a quell’ieri, non un castello in stile, col cappello alp ino e le zimmer, ma una postazione, che ora diviene un nido critico: nel 1595 il capitano della rocca lamentava l’assenza di una voliera; eccola qui, la voliera, pronta la schiusa, la gabbia aperta, attraversata da queste nuove forme-azioni, da cui si guarda a questo spazio, all’ambiente, alla storia ed al genius loci, e la macchina si anima, nuove presenze, e la sezione si attiva, la rovina parla, si muove, descrive e muove
artisti: fabiano de martin topranin, luca chiesura, colora (lorenzo commisso/rachele burgato), hannes egger, denis riva
patrocini: fondazione dolomiti unesco, fondazione bevilacqua la masa
enti promotori: comune di livinallongo del col di lana, istitut cultural ladin cesa de jan

Inaugura DOLOMITI CONTEMPORANEE

Sabato eravamo a Casso in provincia di Pordenone; sopra la diga del Vajont. Qui,nella ex scuola elementare,dal 2012 Dolomiti Contemporanee organizza eventie mostre di arte contemporanea.La stagione estiva ha aperto con la mostra Roccedimenti a cura di Gianluca D’Incà Levis con la collaborazione di Guido Bartorelli, che resterà aperta fino fino l’8 settembre. Buona musica,ottima gente e mostra interessante con 12 artisti vivi e uno morto.Una visita è d’obbligo! 

Tutte le info su dolomiticontemporanee.net

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pulsart vernissage

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Venerdi scorso 5 luglio, Pulsart ha aperto i battenti .Quest’anno il tema che faceva da perno era “caccia alle streghe”. Io ho presentato due opere in legno,una a figura intera di 135cm in legno di ciliegio trattato con colori all’acqua,la seconda un busto di ragazza in legno di tiglio e acrilico grigio. Il palazzo espositivo mi è piaciuto molto e la mostra presenta opere di tecniche diverse fra loro, di grande qualità, sia espressive che realizzative. Bella musica nel prima e nel dopo apertura.

FABIANO OSPITE DI PULSART/RESTART

PULSART RESTART è un festival di ampio respiro dedicato alle arti contemporanee,
ospitato dalla città di Schio e giunto alla sua quarta edizione.
Il crescente interesse dimostrato dal pubblico e dagli addetti ai lavori ha permesso a
PULSART RESTART di crescere ed evolversi: da sezione dedicata all’arte contemporanea all’interno delle manifestazioni Krap Invaders 2010 e Pulsart Edizioni 2011 e 2012
a vero e proprio appuntamento dedicato alla cultura dell’arte e ai vari linguaggi che ne
caratterizzano l’espressività.
Ogni anno sviluppiamo e interpretiamo, in chiave assolutamente personale, il tema
culturale proposto dall’Amministrazione Comunale, rendendolo un “format” riconosciuto e apprezzato da artisti e addetti ai lavori di tutto il paese.
Così il tema “L’altra metà del cielo”, proposto per il 2013 dall’Assessore alla Cultura
Pit Formento, si traduce nel più particolare “Caccia alle streghe”, dove la gura della
strega è intesa come una prospettiva di indagine interdisciplinare che spazia dalla
losoa della storia, all’antropologia e alla sociologia.

DC2013/roccedimenti

roccedimenti. fatte, non finite, le nature contemporanee.
a cura di gianluca d’incà levis,
con la collaborazione di guido bartorelli
6 luglio/8 settembre 2013
nuovo spazio espositivo di casso
inaugurazione sabato 6 luglio ore 18.00
artisti in mostra: francesco ardini, pierpaolo febbo, jean-baptiste camille corot, gianni de val, aron demetz, andrea grotto, alessandro pagani, emmanuele panzarini, mario tomè, alessandro roma, cosimo terlizzi, lucia veronesi, davide zucco.